Come viviamo il lavoro – nell’adesso

Come forse saprete IMA significa Adesso ed è proprio in questo adesso particolare e inimmaginabile fino a poche settimane fa, che vogliamo interrogarci sul “come” si sta vivendo il lavoro: ritmi, schemi, modalità e strumenti.

Questa è una riflessione aperta a chiunque voglia contribuire con la propria esperienza e le proprie risorse ad arricchire il confronto. Noi proviamo a mettere in fila alcuni ragionamenti, aspettiamo i vostri.

Lo smart working è una modalità di lavoro a distanza. In numerose aziende è praticata usualmente, a cadenza regolare, grazie a strumenti figli della tecnologia: il pc, la connessione internet e simili… le due idee chiave da cui muove sono la flessibilità oraria che dovrebbe poter essere autogestita da* lavorat*, così da facilitare l’incontro tra vita personale e lavoro e la trasformazione del modo in cui si vive il lavoro da un’idea che lo lega al tempo in favore di un approccio per obiettivi

Troppo spesso, parlando di smart working si dà per scontato che le persone abbiano, oltre agli strumenti necessari per il suo svolgimento, anche lo spazio e le condizioni di concentrazione necessaria (a casa o dove vogliano svolgerlo) adatti a tale compito. 

Lavorare da casa, in biblioteca o in un coworking non significa ritagliare momenti di tempo tra una lavatrice e un pasto, ma definire una cornice spazio temporale per concentrarsi e per dedicarsi a ciò per cui si ottiene un compenso. Questo accade in condizioni, diciamo, normali o consuete. E’ chiaro che nella situazione di limitazione degli spostamenti determinati da un fattore esterno come i decreti relativi al Covid-19, l’immagine ideale dello smart working deve ridefinirsi in base alle contingenze che, in questo periodo ci è apparso in maniera evidente, possono essere inadatte a facilitare la concentrazione necessaria, se non addirittura collimanti con la condivisione di spazi con il resto della famiglia o degli abitanti dell’appartamento.  

Le criticità che il lavoro agile porta alla luce toccano due temi, per noi, fondamentali: la sostenibilità e la prossimità nella gestione inclusiva del lavoro. In un momento storico in cui la maggior parte della giornata è spesa dentro casa:

Come si delinea quella separazione tra impegno lavorativo e spazio per sè che lo spostamento tra due luoghi segna fisicamente?

Come riorganizzare le mansioni in base agli obiettivi da raggiungere e alle scadenze da rispettare, rispettando la giusta alternanza tra impegno e momenti di relax?  

Come affrontare le fragilità de* lavorat*, ascoltandone i bisogni individuali e rispondendo adeguatamente in condizioni spazio-temporali particolari? Come far emergere questi bisogni?

Come garantire strumenti adeguati di tutela non solo economica, ma anche in termini di sicurezza?

 

Noi di IMA Diversity abbiamo l’attitudine a destreggiarci tra smart working, lavoro per obiettivi e programmazione individuale parallela a quella del gruppo, ma chi non vive queste modalità a livello quotidiano come ha affrontato questo momento storico? Cosa potrebbe rivelarsi utile in futuro, in una ristabilita quotidianità? 

2 commenti su “Come viviamo il lavoro – nell’adesso

  1. Prenderei in considerazione, parlando di accessibilità, un problema reale che riscontro sia tra i più adulti che tra persone più giovani, il digital divide.
    Mi sto stupendo in questi giorni a scoprire quanti giovani adulti non siano in grado di scaricare una app, tanto per farvi un esempio. Non sanno farlo per questioni legate allo svago, figurarsi quando si tratta di strumenti un po’ più complessi.

  2. Lo smart working va organizzato a livello collettivo. L’ho sempre fatto, prima da libera professionista poi per un periodo di maternità. Ora è un incubo perché ci sono due bambini a casa da gestire, e per loro è impossibile da capire un genitore che sta a casa a lavorare, perché la casa per loro è il luogo della cura, della famiglia, del gioco e dell’intimità, non di un adulto stressato che grida al telefono. Lavorare da casa è possibile se la casa non è abitata da altre persone, altrimenti è solo una alienazione. Quando facciamo le riunioni in video call la differenza di presenza e di comprensione tra chi è solo e chi ha i bambini intorno, magari mentre anche l’altro genitore è in smart working, è ben visibile

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